Con un’ estensione di circa 90 km2 la Piana reatina si trova ai piedi dei Monti Sabini e Reatini ed è originata dalla bonifica dell’antico Lago Velino.
Chiamata anche Valle Santa, in questi luoghi soggiornò per molti anni San Francesco, fondando i Santuari Francescano di Poggio Bustone, Greccio, La Foresta e Fonte Colombo.
La Piana reatina era nota sin dall’antichità per la sua abbondanza di acqua. Per la sua fertilità Varrone, Plinio e Virgilio la chiamavano “contrada rosea” (“rosea rus”). Coltivazioni storiche erano gli ortaggi, i cereali e il guado, utilizzato per tingere le stoffe di azzurro.
L’agricoltura, quindi, è sempre stata una delle attività prevalenti di questo territorio.
La coltivazione di maggiore eccellenza è stata quella del frumento: infatti il Rieti originario, la varietà di grano autoctona della Piana Reatina è caratterizzato da una straordinaria resistenza alla ruggine che lo rese tra l’Ottocento e il Novecento uno dei tipi di grano più diffusi e ricercati in tutta Italia, tanto da alimentare un fiorente commercio del suo seme.
Un radicale cambiamento delle colture praticate nella Piana di Rieti si ebbe solo alla fine dell’Ottocento, grazie alla spinta innovatrice dei grandi proprietari terrieri della zona, i Potenziani. La nascita poi dello zuccherificio nel 1873 (il primo in Italia) portò all’introduzione della barbabietola da zucchero nella Piana.
L’arrivo a Rieti dell’agronomo Nazareno Strampelli (nel 1903) fu sicuramente un momento importante per la storia del frumento nella città. Egli infatti portò alla sperimentazione nella piana Reatina di nuove varietà di grano, attraverso l’ibridazione con il già famoso grano da seme “Rieti originario”, per ottenere frumenti dotati di maggiore rendita e resistenza che ancora oggi vengono prodotti.